Come organizzare un matrimonio vegan e sostenibile

Come organizzare un matrimonio vegan e sostenibile

Il 21 settembre 2014 io e Marco ci siamo sposati con rito civile. Volevamo che fosse una festa per tutti, un
inno all’Amore a alla Vita. Una giornata in cui la condivisione e la spontaneità fossero i fili conduttori. Senza
dimenticarci di onorare la Madre Terra e di organizzare tutto nel modo più sostenibile e meno impattante
possibile per noi.

Ci siamo dati tre linee guida da seguire:
vegan
km zero
fatto a mano/autoprodotto

Gli inviti
Abbiamo cominciato con gli inviti autoprodotti. Volevamo qualcosa di “fisico”, quindi abbiamo da subito
scartato l’opzione e-mail. Ci sarebbe piaciuto usare carta riciclata o cartone di recupero, ma non siamo
riusciti ad organizzarci in questo senso, visti i tempi ristretti a disposizione (abbiamo deciso di sposarci
nell’arco di poche settimane). Così abbiamo optato per biglietti e buste di carta

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INTERVISTA A MARGOT SIKABONY – GREEN HEART

INTERVISTA A MARGOT SIKABONY – GREEN HEART

Margot Sikabonyi è un’attrice (la ricordiamo in Un medico in famiglia e in Two Married People, per
esempio), è una mamma e una donna che ha scelto di intraprendere uno stile di vita green: mangia sano, si
preoccupa del suo benessere fisico e mentale, ama la Natura ed è un Health Coah. Abbiamo avuto il piacere
di intervistarla, di proiettarci nella sua quotidianità sostenibile e di ricevere alcuni consigli utilissimi!

  1. Ciao, Margot, grazie di aver accettato questa intervista! Vorrei iniziare con una domanda sul tuo
    stile di vita: nella descrizione del tuo profilo instagram (@therealmargot) ti definisci “green heart”,
    ma quando e perché hai intrapreso un percorso sostenibile e salutare?
    Grazie a voi per avermi chiesto di partecipare! Il “green heart”, la vita verde, è uno stile di vita che ho
    iniziato ad abbracciare da giovanissima: già a 18 anni ho iniziato a chiedermi se il consumismo fosse
    davvero la chiave per la nostra felicità. Quindi, ho iniziato da molto giovane a ribellarmi al sistema che
    in quale modo ci era stato imposto, facendomi delle domande che avevano chiaramente una radice
    etica. Ricordo che la mia rivoluzione aveva abbracciato in maniera più ampia tutto il concetto di
    industria, quindi mettevo in questione il cibo che ci veniva proposto e tutto quello che era naturale non
    lo accettavo; ero arrivata ad essere estremista in questo, chiaramente le vie di mezzo sono le migliori,
    ma in quegli anni di rivoluzione e di ricerca di identità mi chiedevo per esempio “perché mangiare una
    cosa sintetizzata in un’industria, invece di mangiare una mela o dei cereali integrali?”. Ho iniziato a
    chiedermi da dove provenisse tutto quello che avevo nel piatto. Quindi, per me avere un “green heart”
    vuol dire semplicemente avere la natura nel cuore e quindi essere in contatto con lei, con il rispetto di
    essa e non con lo sfruttamento delle sue risorse…

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